“Supereroi” di Mr. Rain e le sfide del/lla terapeuta nel lavoro con i giovani adulti

17.03.2024

Non puoi combattere una guerra da solo

Il cuore è un'armatura

Ci salva ma si consuma

A volte chiedere aiuto ci fa paura

Ma basta un solo passo come Il primo uomo sulla luna

Perché da fuori non si vede quante volte hai pianto

Si nasce soli e si muore nel cuore di qualcun altro

Siamo angeli con un'ala soltanto e riusciremo a volare solo restando l'uno accanto all'altro

Camminerò

A un passo da te

E fermeremo il vento come dentro gli uragani

Supereroi

Come io e te

Se avrai paura allora stringimi le mani

Perché siamo invincibili vicini

E ovunque andrò sarai con me

Supereroi

Solo io e te

Due gocce di pioggia

Che salvano il mondo dalle nuvole

Supereoi Mr.Rain


Il pianeta di Miller è il nuovo ultimo album del rapper italiano Mr. Rain che contiene anche la canzone "Supereroi" presentata a San Remo di due anni fa. Il titolo del disco è ispirato al film "Interstellar" che ha suggestionato l'artista per i temi che lo attraversano quali: il tema dello scorrere del tempo e il tema della sopravvivenza attraverso la scoperta di un nuovo "ambiente" a cui, prendendolo metaforicamente, possiamo legare la teorizzazione psicoanalitiche di Winnicott.

L'acqua come elemento dominate,lo scorrere del tempo, la caducità dell'essere umano ,spesso paragonata al bagliore delle comete del cielo, sono alcune delle immagini più utilizzate nelle liriche di Mr. Rain. Anche il nome d'arte "Mr. Rain" richiama l'immagine del supererore triste e solitario che tenta di dare forma al silenzio abbandonico della proprie sensazioni per tramite della musica.

Sono rimasto ,da subito, impressionato dal testo della canzone "Supererori" di Mr. Rain perchè mi ha fatto subito pensare alle sfide che ogni terapeuta deve affrontare nel lavoro con i giovani adulti. Di tanto in tanto, compaiono nello studio di un terapeuta dell'età evolutiva alcuni giovani che ci trasmettono nel transfert/controtransfert l'immagine del supereoe. Ragazzi/e con storie difficili, che hanno dovuto imparare a "far da soli"e che ci propongono delle raffigurazioni di se stessi in cui si sentono soli contro tutto e contro tutti. Per questi ragazzi/e che,ad un certo punto della loro vita, ci vengono a chiedere aiuto questo momento rappresenta un passo importantissimo "come quello del primo uomo sulla luna". Ci ritroviamo, per usare l'immagine di un altro pezzo del disco di Mr. Rain, come su "Due altalene".

Da una parte i supereroi ci chiedono di poter condividere le loro fatiche, di poter smettere di dover fare sempre tutto da soli, di poter essere "supereroi insieme" in un relazione speciale con noi come viene espresso nel ritornello della canzone "Supereori". Dall'altro lato, nella seconda altalena, ci sfidano a custodire la separetezza, a resistere quando spariscono, a esserci quando ritornano, a non essere troppo vicini nella relazione, a non condizionare le loro scelte ma anche a saperci opporre alle avventatezze svelandone le motivazioni. Vicinanza, lontananza, amore e odio, genitore o amico, dipendenza e indipendenza sono le polarità estreme e i paradossi che viviamo insieme ai nostri pazienti che ci chiedono di abitare la relazione con loro all'interno di un' ossimoro: consentire un esperienza in cui sentirsi "accompagnati da soli" (Pulino Fiderio 2002).

E' presente oltre le difficoltà di raggiungere insieme al paziente la giusta sintonizzazione nel legame transferale un secondo ordine di problemi, una sfida nella sfida: quella di adattare il nostro modello psicoanalitico a questi pazienti che ci chiedono un aiuto su questi piani del loro sviluppo affettivo. Se ci si immagina delle terapie condotte a setting intensivi a più volte a settimana, con tariffe consone alla lunga formazione e dedizione che il terapeuta ad orientamento psicoanalitico ha sostenuto, con un assetto della relazione col paziente improntata su assunti di neutralità e in cui non ci si coinvolge nella relazione e non si esprimono opinioni proprie difficilmente si riuscirà ad ingaggiare questi pazienti in un processo di cura. Una cura improntata su questi principi rischia infatti di risvegliare nei giovani adulti una reazione fobica scatenata da sensazioni claustrofobiche: la terapia da luogo di speranza può rapidamente mutare in una prigione per i pazienti.

Ogni aspetto del setting e dell'atteggiamento del terapeuta deve rimandare ad aspetti di apertura, di allargamento delle prospettiva, di desiderio, di riappropriazione. Dalla distanza dello studio, alla tariffa applicata, dalla disponibilità ad orari di recupero, all'utilizzo, in certi casi del "tu", al posto del "lei", all'essere disponibile a mandare whatsapp o vocali per dipanare dubbi organizzativi,alleviare angoscie o semplicemente per farsi sentire presenti se convocati. Sono tutti aspetti del trattamento che portano a un'allargamento del campo delle comunicazioni fra terapeuta e paziente. Questi aspetti della cura sono spesso poco trattati nell'ambito delle discussione fra colleghi e farebbero rabbrividire puristi e fautori di un metodo analitico che esige che la realtà e la concretezza di certe comunicazioni retroceda per lasciare il posto all' inconscio del paziente.

Si aprono dubbi sul metodo grandi come voragini: parliamo di psicoterapie? Parliamo di psicoanalisi? E che ne è dell' inconscio? Questi pazienti non sognano e non associano più! Spesso quindi la sensazione che coglie il terapeuta di nuova generazione è quella di un grande lavoro di superficie che rischia di ledere la rappresentazione interna che il terapeuta ha dell'oggetto analitico rappresentato dentro di sè come una cura del profondo. Spesso la distanza fra la propria esperienza di analisi personale e il tipo di cura proposta a questi giovani pazienti è abissale. Per adattare e predisporre una "situazione analizzante" (Bastianini) con questi pazienti il secondo grande sforzo che ci è richiesto è quello di re-interpretare, ricostruire, riadattare la nostra esperienza di analisi personale di maniera che possa essere accessibile al paziente. Passare da brevi consultazioni a un lavoro stabile, a un patto chiaro e condiviso a una definizione dei limiti e degli spazi della terapia richiede al terapeuta una certa dose di bravura, fortuna, circostanze favorevoli, un grande investimento sul paziente e il presupposto che il setting e il nostro modo di entrare in relazione utilizzando alcune parti autentiche del nostro Sè vanno cuciti come un abito su misura per il paziente (Fusacchia).

Un lavoro di superficie non è un lavoro di “serie B” ,non è il frutto delle resistente del paziente o una deriva teorica della psicoanalisi moderna, bensì l'unica risposta clinica sensata che un terapeuta possa dare nell'approccio con giovani adulti perduti in una vita che non offre più le stesse garanzie, le stesse speranze, le stesse promesse che venivano fatte alle generazioni precedenti. Il fattore differenziale che, tuttavia, caratterizza un' approccio analitico da qualunque altro tipo di cura che offre un approccio "più smart" al paziente è il tipo di ascolto che viene offerto. "Custodire la profondità" diventa la nostra più grande risorsa nel lavoro terapeutico con questi giovani. Nella relazione analitica il paziente avverte inconsapevolmente che il terapeuta è in contatto in ogni momento con la parte più nascosta, più autentica del proprio Sè, che sa dove si trovano le ferite. Il paziente avverte, quando le cose vanno come speriamo che debbano andare, che quello che dice non cade nel silenzio ,nel vuoto, ma che ha un effetto anche nel terapeuta.

Sentirsi visti ,grazie alla terapia, può trasformarsi da una questione estetica ,soluzione offerta dai social media per trattare il vuoto, ad un' esperienza esistenziale condivisa con un altra persona. Essere "supereroi insieme che salvano il mondo dalle nuvole di pioggia", "supereroi solo io e te" può essere una metafora di un relazione terapeutica in cui il paziente fa esperienza di una vicinanza e una profondità mai sperimentata, andata perduta o ripudiata per salvarsi da legami soffocanti. 

Mr. Rain ha recentemente dichiarato che "il pianeta di Miller" sarà il suo album di chiusura. Ha deciso che desidera tornare a studiare ; ha alzato bandiera bianca nei confronti di un mercato discografico che rischia, a dettta degli di stessi artisti, di spremerli come limoni e lasciarli con le proprie "bucce" in mano.

Forse con questo gesto l’ artista ci suggerisce che il più grande sogno di un supereroe è smettere di esserlo e poter essere se stessi.  

Bibliografia:

Bastianini T., Ferruta A. “La cura psicoanalitica contemporanea. Estensioni della pratica clinica” Giovanni Fioriti Editore 2018 

Fusacchia M. Carau B. “Costruzione del setting con gli adolescenti”

Pulino Fiderio E. “Chi ci accompagna da soli?” Borla 2005